LE MANOVRE DELLA MAGGIORANZA PER “LIQUIDARE” GIOVANNI FILIPPO SERO, SEMPRE PIU’ SOLO
IL FATTO DELLA SETTIMANA
CARIATI - Il compito di spiegare al lettore cosa stia succedendo nel cosiddetto Palazzo si fa sempre più arduo.
Dovremmo intanto cominciare a capirlo noi, e non sempre ci riusciamo.
Siamo ormai a degli alti esercizi di prestidigitazione talmente sottili e spregiudicati che per seguirne e ricostruirne le fila ci vogliono degli specialisti di lunghissimo corso, e noi non apparteniamo a questa categoria.
Alcune cose però le abbiamo bene afferrate, che forse invece ai protagonisti di queste vicende sfuggono.
È la prima è questa: c’è un gran puzzo di bruciato.
Non lo diciamo, sia chiaro, per censurare il sindaco Filippo Giovanni Sero il quale, ad onor del vero, ha dato prova di un certo nerbo.
Ma sono le manovre con cui si tenta di affossarlo, i fuochi incrociati che gli provengono dalle opposizioni e, più subdolamente, dalla sua stessa parte, a spossarlo.
L’ultima vicenda riguarda alcune delibere della Corte dei Conti che entrano nel merito della gestione finanziaria del Comune.
Ora, noi, digiuni in materia, non sappiamo se per la Magistratura contabile certi “rilievi” rientrano nell’ordinario, ma la situazione stavolta è seria, nonostante i tentativi che si fanno per volgerla al farsesco, ed occorre un chiarimento, subito, per non correre il rischio di esasperare la pubblica opinione.
Magari non sarà vero che, come a Bisanzio quando i turchi ne assalivano le mura, qui si stia discutendo sul sesso degli angeli.
Forse non era vero nemmeno a Bisanzio.
Ma questa è l’impressione che ritrae il cittadino dal fuoco incrociato delle dichiarazioni, delle smentite, delle repliche, delle reticenze dei vari protagonisti, dei loro balletti e andirivieni, dei crittogrammi con cui si comunica e ci si scomunica fra amici e nemici, sulla testa e sulle spalle dei cittadini.
Non abbiamo titoli per impartire suggerimenti o consigli a Filippo Giovanni Sero, ma è certo ch’egli interpreta il suo ruolo in maniera impeccabile, e qualcuno, tra i suoi, dà segno di non accorgersene, tanto che la “piazza” riferisce che un esponente del suo governo, e non fra i minori, cova propositi di ritiro.
Non sappiamo se alle parole seguiranno i fatti.
Ma anche le parole bastano a dimostrare che certi “pezzi da novanta” cominciano ad acquistare coscienza del discredito in cui sono caduti e dell’impopolarità che gliene deriva.
Alla base di certa “disaffezione”, ed è triste ammetterlo, ci sono puri calcoli elettorali (le prossime regionali) che tendono unicamente a silurare l’ottimo Sero, tanto è vero, si vocifera, che sarebbe già pronta la candidatura, in casa socialista, del successore: una gentile signora della famiglia che dispone, legittimamente, per carità, di un gran serbatoio di voti.
Filippo Giovanni Sero ha legato irreparabilmente le sue sorti a quelle del sistema.
Lo ha fatto per eccesso di zelo, scrupolo, diligenza, buona volontà, precisione e rigore morale prima che politico: forse si è circondato delle persone sbagliate.
Ma la nave non va.
I passeggeri del Titanic sapevano che stavano bevendo l’ultima coppa di spumante e ballando l’ultimo valzer.
I signori di Palazzo Venneri no.