Promossa su facebook una petizione per dedicare una Via al soldato Giovanni Agazio
Cariati - Maria Scorpiniti Intitolare una via o una piazza alla memoria di Giovanni Agazio e di tutti gli Internati Militari italiani. Con l’obiettivo di raggiungere almeno mille firme, è partita da Cariati, nei giorni passati, una petizione sul famoso social network Facebook, promossa dal nipote Leonardo Agazio, lo stesso che aveva seguito il complesso iter burocratco per il rientro nel paese natìo delle spoglie del congiunto, avvenuto il 6 ottobre scorso con tutti gli onori civili e militari che il rango prevede in casi del genere, dopo 68 anni. Questa meritoria iniziativa è sostenuta anche dall’associazione "InRicordo", dalla Cooperativa Sociale Agorà Kroton con il suo presidente Pino De Lucia, dalla Sia-Confsal Calabria e dall’associazione Crea Calabria. Giovanni apparteneva ad una famiglia di agricoltori cariatesi, deceduto durante l’ultimo conflitto mondiale nel campo di concentramento di Fallingbostel, a Nord Ovest della Germania, dopo inumane sofferenze aggravate dalle sue già precarie condizioni di salute. Leonardo Agazio ha inviato al sindaco di Cariati, Filippo Sero, tra l’altro congiunto del milite, la richiesta ufficiale per l’intitolazione, dopo aver sondato la volontà popolare e affinchè la comunità dia un riconoscimento a questo suo figlio che, come tanti giovani, si è immolato per la Patria. “La sconfinata mole di sofferenze legate alla seconda guerra mondiale - scrive il nipote, che vive e lavora con la sua famiglia a Cosenza - non ha trovato nell’immediato dopoguerra, un’adeguata elaborazione storica. I responsabili di queste atrocità hanno fatto di tutto per mettere nel dimenticatoio le proprie colpe e le stesse vittime sopravvissute hanno stentato a ritrovare la propria voce e a parlare delle esperiene vissute”. A nome del sacrificio di Giovanni e di tutti gli Internati Militari italiani, Leonardo Agazio chiede il dovuto riconoscimento da parte delle istituzioni, citando, a conclusione della lettera, il famoso Carme dei Sepolcri che così recita: “All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne, confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?”, per dire, come Foscolo, che una lapide non serve a chi non c’è più, ma a chi resta “per ricordare ciò che è stato è ciò che nessuno può, né deve cancellare”.