Il Comune “tarocca” il Bilancio e “raggira” il cittadino con l’invenzione del passo carrabile. Ecco come difendersi
Navigatori avete capito perché la “band” amministrativa è scesa in piazza a comiziare? Per distogliere la vostra attenzione dai problemi reali
CARIATI – Cosa non farebbe un’amministrazione comunale per far quadrare i conti.
Ricordate quando i sindaci del Bel Paese, da Nord a Sud, ricorsero all’autovelox per rimpinguare casse eternamente dissanguate?
Ora, da Cariati, parte un nuovo espediente: i passi carrabili.
Già, perché al titolo terso del bilancio di previsione 2012 (la previsione è scaduta) che sarà discusso in consiglio lunedì prossimo, il Comune prevede di incassare dal Canone per l’occupazione permanete di spazi ed aree pubbliche (Cosap) la bellezza di 119,698,75 Euro.
Ricordiamo, che questa previsione è taroccata perché il Comune questi soldi non li ha mai incassati e mai li incasserà.
Le autorizzazione di passi carrabili sono, attualmente, 14, ma gli uffici comunali ne stimano 2.185.
Il dato è tutto da accertare, anche se ai più pare esagerato se raffrontato al numero delle famiglie che, secondo l’Istat, nel 2010 erano 3.347: significa che sette nuclei familiari su dieci fruiscono del “passo”.
La giurisprudenza distingue due tipi di passo carrabile: quelli “a raso” che, cioè, “non determinano un’occupazione visibile del suolo pubblico dato che manca qualsiasi opera o manufatto realizzato su di esso, e quelli propriamente detti che “presentano interruzioni sul marciapiede o modifiche del piano stradale che permettano, al proprietario dell’accesso, una posizione ed un uso diverso del marciapiede da quello di cui può fruire tutta la collettività”.
Sull’argomento è addirittura intervenuta la Cassazione per ribadire che i passi carrabili “a raso” sono soggetti a tassa (o tariffa: neanche si sa bene che natura abbia perché cambia da Comune a Comune).
“Una simile tassazione – dice l’Unione nazionale dei consumatori - comporterebbe l’assoggettamento ad un onere tributario del diritto di accesso alla proprietà privata, che dal punto di vista giuridico è una follia”.
Una follia che hanno pensato di aggirare con l’articolo 22 del Codice della strada, il quale ha stabilito che “i passi carrabili devono essere individuati con l’apposito segnale, previa autorizzazione dell’ente proprietario” della strada, che è quasi sempre il Comune.
Ma c’è di più, perché la norma è stata successivamente modificata, stabilendo che nei passi a raso il divieto di sosta e il relativo cartello sono subordinati alla richiesta del proprietario.
“Per aggirare ulteriormente anche questa norma – spiega Giuliano Marche dell’Unc - alcuni Comuni hanno pensato a una furbata, sguinzagliando i Vigili urbani che fanno firmare ai proprietari dei passi a raso una “richiesta di regolarizzazione” che praticamente è una semplice richiesta del cartello di divieto di sosta, dietro pagamento del relativo canone. Presso a poco è un imbroglio fatto da una autorità pubblica, dal momento che il proprietario del passo a raso non sa e tanto meno non viene informato che potrebbe rifiutarsi di firmare la “richiesta di regolarizzazione”.
Insomma, da qualche parte bisognerà pur accedere per rientrare all’interno della proprietà privata, e se non ho chiesto al Comune alcuna opera per accedervi, come fa l’amministrazione pubblica a pretendere da me un tributo per farmi entrare e uscire da casa?
Conclude Marchese: “Se ancora, nonostante ciò, foste invitati da un vigile urbano a firmare un documento atto a regolarizzare la vostra posizione nei confronti del Comune riguardo al vostro passo a raso, sappiate che potete rifiutarvi senza incorrere in nessuna sanzione”.