'NDRANGHETA: "IL BOSS E' DEPRESSO", MANETTE A MEDICI E AVVOCATO
GI) - Reggio Calabria, 20 gen. - Lo stato di "depressione maggiore" e' stato fatale sia per il paziente, boss della 'ndrangheta, sia per i medici che lo avevano in cura. Peppe Pelle, alias "Gambazza", 51 anni, alla fine, e' stato raggiunto da un provvedimento restrittivo del giudie delle indagini preliminari di Reggio Calabria che ha avuto notificato in carcere. Dietro le sbarre sono finiti, tra gli altri, due medici compiacenti. Manette anche alla moglie del boss di San Luca; al figlio venticinquenne della coppia, con l'ordinanza di custodia cautelare che gli e' stata notificata in carcere. Il provvedimento ha riguardato complessivamente sei indagati: Giuseppe e Antonio Pelle, Marianna Barbaro (45); Guglielmo Quartucci (59) di Celico (Cosenza), medico della clinica "Villa degli oleandri" di Mendicino ( Cs); Francesco Moro (57) medico del 118 di Locri; e Francesco Marcello Cornicello (39) avvocato del foro di Cosenza che e' stato posto ai domiciliari. Lo stesso giudice per le indagini preliminari, accogliendo sempre la richiesta della Direzione distrettuale antimafia, ha disposto il sequestro delle quote che Quartucci possiede della clinica "Villa degli oleandri", convenzionata con la Regione Calabria per la cura di malattie neuropsichiatre
E cosi' le scene di "un film... bello pulito" - come uno degli indagati affermava al telefono per aiutare il boss di San Luca - si sono rivelate diverse dalla fiction che gli artefici della vicenda avrebbero voluto far durare piu' a lungo possibile. L'operazione di questa mattina dei carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria e del Ros, denominata "Reale 4 e Ippocrate", ha preso il via nell'inverno dello scorso anno, quando Peppe "gambazza" e' stato intercettato dei carabinieri in un'indagine poi sfociata nelle inchieste, coordinate dalla direzione distrettuale antimafia reggina, "Reale 1, 2 e 3". Queste ultime, tra l'altro, hanno svelato una serie d'intrecci che la 'ndrangheta sanluchese aveva con gli ambienti universitari e politici reggini, con i colletti bianchi e con medici compiacenti. Tutti, a vario titolo, al servizio del potente boss della 'ndrangheta storica della Locride. Per evitare il carcere, Giuseppe Pelle, nel corso degli anni, era riuscito a venire in possesso di una robusta cartella clinica che certificava l'incompatibilita' del boss con il regime carcerario. Per gli investigatori, una tecnica, quella adottata "gambazza" affinata nel 2006 quando gli era stata diagnosticata una " depressione maggiore" come patologia preminente. E cosi' due anni dopo (2008) l'uomo era tornato in liberta'. I primi sospetti, poi gli investigatori hanno focalizzato la loro attenzione nei confronti dei due sanitari. Alla fine di febbraio dello scorso anno, su consiglio del dott. Moro, Pelle ha inscenato un malore e con la complicita' del figlio e della moglie ha contattato il 118 ricevendo l'aiuto di un'equipe medica coordinata da Moro.
Per gli investigatori, nel 2008, anche il dott. Quartucci, favorendo il ricovero del boss a "Villa degli oleandri" aveva diagnosticato che l'uomo soffriva di "sindrome depressiva maggiore con tratti psicotici". Sempre secondo l'accusa, "in varie occasioni, il medico cosentino aveva rilasciato a Pelle certificati attestanti la simulata patologia depressiva". Non viene escluso che il sanitario abbia avuto paura di non assecondare quel "pezzo da novanta" della 'ndrangheta locridea. Facendo riferimento al padre del boss di San Luca, il dott. Quartucci - come riportato in un'intercettazione - ha esclamato: "... mi hanno mandato, da Reggio Calabria, i Pelle... il secondo giorno venivo ammazzato... Dice che il padre , e' il Vangelo, era...". Gli investigatori parlano di un assoggettamento del professionista: "Quando venivano quelli da Reggio Calabria, i Pelle, io cosa gli dicevo, non ti visito? Che quelli il secondo giorno venivano qua e mi mangiavano ("accoppavano")". Le intercettazioni a carico dello psichiatra bruzio hanno cosentito di accertare che il professionista avrebbe rilasciato anche dei certificati compiacenti nei confronti di un agente di polizia, tale Andrea Conforti, arrestato per tentato omicidio aggravato nei confronti della moglie nei confronti del quale era stata diagnosticata una sintomatologia prevalentemente depressiva al punto da tornare libero nel giro di pochi mesi. Difensore del poliziotto era l'avvocato Cornicello. L'impianto accusatorio - viene fatto rilevare degli inquirenti - e' stato confermato da Samuele Levato, collaboratore di giustizia. Quest'ultimo ha fornito importanti elementi per scoprire il sistema della diagnosi depressiva che veniva diagnosticata a persone alle prese con la limitazione della liberta' personale. (AGI) Rc1/Ros