Amministrative 2011 – Povera Cariati Ancora “può succedere di tutto”
Nell’aria si prospettano tre schieramenti: gli uscenti; la cordata ed il cosiddetto “gruppone”
Cariati - Elezioni comunali: proviamo a ragionare senza essere esposti a influenze collettive che fanno prevalere, sulla lucida razionalità, le emozioni del momento e le suggestioni di parte.
C’è una maggioranza, liberamente eletta, che governa 5 anni, fino alla scadenza naturale del mandato (e questo è un titolo di merito in una città assuefatta alle gestioni commissariali) e c’è un’opposizione molto ampia ed assai coesa.
Ora, per qualcuno la maggioranza ha prodotto più danni che miglioramenti; per altri le cose positive superano di gran lunga quelle negative. Opinioni rispettabilissime.
La minoranza si è comportata da par suo: a volte è stata puntuale, a volte assente.
A fine consiliatura le persone di buon senso pensano che sia del tutto naturale che chi ha governato abbia il dovere di sottoporsi al giudizio degli elettori e che chi si è opposto debba costruire organicamente un’alternanza naturale.
Niente di tutto questo, perché dopo il burrascoso consiglio comunale del 27 dicembre 2010 i signori dell’opposizione cominciano a giostrare ciascun per proprio conto, sfaldando miseramente ciò che sembrava naturale: porsi come controparte, insieme, alle elezioni.
Vagando in ordine sparso, si sta stimolando la peggiore delle bestie: l’astensionismo.
Nell’aria si prospettano tre schieramenti: gli uscenti; la cordata che raccoglie un bel po’ di partiti ed il cosiddetto “gruppone”, facente capo alla “Lista per Cariati”, il drappello consiliare più consistente della minoranza.
Fra aderenze, ritiri, fughe, sbandamenti, rientri e dispersioni, ad appena nove giorni dalla presentazione delle liste è tutto effimero, fragile, precario, fugace: si cambia, si rimpasta, si rompe e si riaggiusta nel giro di qualche ora.
Dall’Unione civica “Cariati nel cuore” registriamo la ritirata di Idv e Pdl; dal “gruppone” se ne vanno pezzi importanti, senza meta.
Disintegratesi per implosione, i superstiti cercano di accasarsi.
Con “Cariati nel cuore” è impossibile: troppi rancori personali.
Ed ecco spuntare l’idea di avvicinarsi ai dimissionari della maggioranza che accolgono di buon grado i transfughi ma non recepiscono una loro “conditio sine qua non”, la quale consiste nel ridiscutere integralmente il progetto in itinere, compresa la ricandidatura del sindaco Filippo Giovanni Sero.
La posta è troppo alta, e così l’alleanza uscente, allargata all’Api, tentenna, glissa, temporeggia.
Ma sono i socialisti, la trave portante dell’impalcatura, a rompere gli indugi: “Filippo Giovanni Sero non si tocca. Siamo disponibili a rivedere tutto, ma il nostro punto fermo rimane il sindaco”.
Par di capire che il matrimonio non s’ha da fare.