Immigrati: "Come a Lampedusa",,,,, Sindaco ci faccia il piacere non dica corbellerie siamo stanchi di sentire le sue bugie


Ogni riferimento a fatti, persone o circostanze è puramente casuale



Ci risiamo: il sindaco, nel suo delirio di onnipotenza, dichiara ad una televisione privata che Cariati non può diventare una nuova Lampedusa.
Come se appena 29 poveri disperati potessero “ingarbugliare” la fiorente attività turistica del nostro Comune.
Suvvia, non ci faccia ridere.
Intanto a Lampedusa gli immigrati sbarcati sono esattamente il doppio della popolazione residente (6.304, dati Istat 2008), sicché se ne deduce che per mandare in frantumi la brillantissima economia turistica di Cariati dovremmo subire “l’invasione” di quasi 20 mila extracomunitari.
Sindaco, per cortesia, perché non la smette di dire corbellerie, almeno alla fine del suo mandato?
Frenetico, poliedrico, fantastico, scatenato, convulso, indiavolato, ha saputo sfruttare quello che aveva fatto la gente “normale” prima di lui: la umana solidarietà.
Ed eccolo in contrada San Leo, col suo personale e pennuto fotografo, impartire disposizioni a destra e a manca, mentre quei coglioni di giornalisti venivano ai ferri corti con le forze dell’ordine che impedivano loro di svolgere il proprio lavoro.
Ma come: i pennuti possono valicare le transenne e noi no?
Comunque lo rivediamo sotto i riflettori della Rai, che a un certo punto ha dovuto spegnere le telecamere per il riflesso della pelata, a dire che Cariati è accogliente; che al mondo non c’è posto più bello; che noi siamo così magnanimi da donare noi stessi ai fratelli che soffrono.
Tutto vero, e sottoscriviamo, ringraziando anche chi, per esempio la Chiesa, svolge il compito della solidarietà tutti i giorni, senza clamori.
Ora abbiamo saputo che il primo cittadino ha bandito un concorso internazionale per la bontà, come l’Ambrogino d’oro: il “Cataldino d’argento”.
Potranno partecipare tutti i cittadini che sanno suonare la chitarra battente; che hanno almeno un fratello dipendente comunale; che sono stati consiglieri o assessori comunali; che hanno avuto incarichi pubblici per lavori o collaborazioni; che hanno raccomandato qualcuno; che hanno prestato la loro preziosa opera, naturalmente retribuita, per opere di sommo interesse; che hanno, al posto della testa, una gradevole corolla di penne gallinacee o, al limite, una qualsiasi parentela col Sommo Principe.
Così il “Cataldino d’argento” se lo becca uno di famiglia.
D’altra parte, essendo in clima preelettorale, è meglio stare sul certo: difatti, dall’altra parte, non mancano i cetrioli.
C’è chi si converte in corso d’opera ed abbraccia cause perse; chi pensa di restaurare un ordine ormai sepolto dalla prostata incipiente; chi si ritiene infante ed invece è vecchio di liquido amniotico; chi, pur essendo ragazzino all’anagrafe, pensa che il fuoco si accenda ancora con lo sfregamento della pietra focaia.
Ma stiamo parlando di gente che è cresciuta a Mulino Bianco e omogeneizzati; rincoglioniti dinanzi ai cartoni giapponesi e rincitrulliti dalla pubblicità di quel ragazzino che porta tutti i suoi amici a casa propria perché è solo lì che vogliono fare la cacca; rimbambiti anzitempo alla rincorsa dei rotoloni regina, quelli che non finiscono mai.
Ma dove viviamo?


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