Immigrati: Il vulcano Don Mosè: “Dobbiamo essere solo preparati all’accoglienza, in un spirito di carità umana e cristiana”






Lui, Don Mosè Cariati, è un vulcano, un iper attivista, uno che non si ferma dinanzi a nessuna difficoltà. Del Vangelo lui ha una concezione pragmatica, del fare. E così diventa protagonista, come tutti i giorni, anche di una vicenda dolorosa che, per la prima volta nella storia, investe la nostra comunità. Don Mosè incarna il verbo dell’accoglienza e non si perde d’animo: occorre, prima di tutto, restituire dignità ai fratelli che giungono dal Nord Africa. E la dignità, per chi è affamato, si chiama pane; per chi ha sete si chiama acqua; per chi ha freddo si chiama calore. Organizza tutto a puntino, in una manciata di minuti. Quando i fratelli africani arrivano nella sua Charitas, trovano già pronti pasti fumanti ed ogni genere di conforto. Ma non basta. Don Mosè sa che c’è bisogno d’altro, ed allora da fondo al suo “bazar”: indumenti e scarpe, soprattutto. Un giro di telefonate ai parrocchiani ed ecco che la chiesa di Cristo Re si trasforma in palestra di infinito sostegno: arriva di tutto, mentre lui, frenetico, controlla ogni cosa. Infine, una raccomandazione ed un invito: “Forse ci sono altre persone là fuori che passeranno un’altra notte terribile. Non sappiamo quante siano: decine, centinaia. Non importa. Dobbiamo essere solo preparati all’accoglienza, in un spirito di carità umana e cristiana. In un mondo dilaniato dalle guerre non possiamo cullarci nell’ indifferenza, ma operare in maniera energica, anche attingendo dalla nostra povertà, perché qualunque cosa fatta al fratello più debole è rivolta al padre di tutti: nostro Signore”.


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