Sanità – Continua il calvario del Pronto Soccorso, il direttore sanitario, Michele Caligiuri, contestato da 9 medici


Il “Cosentino”, dimenticato dagli strenui “difensori” che assursero agli onori della cronaca locale e nazionale, sta per tirare le cuoia?



CARIATI – Le misure del governo regionale in materia di sanità stanno producendo macerie.
Questa, almeno, è l’impressione che si ricava dalla incredibile situazione in cui versa l’ospedale “Cosentino”, ridimensionato senza logica alcuna e, anzitempo, sull’orlo del collasso annunciato e stabilito dai signori della politica nostrana.
Fiore all’occhiello della sanità pubblica, il nosocomio cariatese, dimenticato dagli strenui “difensori” che assursero agli onori della cronaca locale e nazionale nell’autunno scorso, sta, come si dice, tirando le cuoia, secondando appieno il progetto suicida del piano Scopelliti.
Spogliato di tutto, al “Cosentino” rimane solo il reparto di degenza di medicina generale, cardiologia e geriatria: quest’ultimo con soli 4 posti, e tanti saluti ai proclami che ne garantivano almeno 20, assieme ad un reparto di lungodegenza.
Parole che quaggiù sono state riposte nel magazzino delle “cose perdute”: nessuno osa più reclamare, e le clamorose proteste popolari di qualche mese fa sono ormai relegate nella memoria di quanti, adesso, sono impegnati nel gran guazzabuglio delle elezioni comunali del maggio prossimo: la salute pubblica può aspettare.
Ma il fondo si tocca, o si raschia, nella medicina d’urgenza.
Il pronto soccorso, in cui operano solo 4 unità mediche, è al collasso, e con esso il servizio d’emergenza del 118: pochi operatori e nessuna garanzia di rendere servizi di sufficiente qualità.
Di necessità virtù, ed ecco che, domenica scorsa, il direttore sanitario del nosocomio, Michele Caligiuri, secondo quanto riferiscono le cronache locali, veste il camice di medico e “scende” a dare una mano al pronto soccorso per sostituire una unità assente.
Esempio di abnegazione provocato da una criticità che lo stesso Caligiuri aveva previsto, tanto da disporre il ricorso “all’utilizzo” dei medici dell’unico reparto superstite i quali, “data la difficoltà ad operare nelle strutture d’emergenza”, avevano lamentano, “per la loro inesperienza nel settore, particolari difficoltà”.
Ma la riflessione del Caligiuri non è stata gradita dai professionisti ospedalieri (che tirano fuori una “giustificazione” presentata a tempo debito ai vertici sanitari dell’azienda sanitaria provinciale) per i quali certe considerazioni appaiono offensive e lesive della dignità professionale.
In sostanza, mai nessuno si è rifiutato di “turnare” al pronto soccorso, anche se, comunicano gli interessati, “i sanitari chiamati a coprire questi turni operano in condizioni di grave rischio, considerata la precarietà nella quale essi svolgerebbero la loro funzione” la quale sarebbe determinata da “assenza di anestesista, chirurgo, pediatra, Tc” ed altre specialità necessarie per un servizio di emergenza.
Inoltre, spiegano i 9 medici al direttore sanitario, “nessuno di noi è in possesso di corsi Acls (soccorso avanzato, ndc) in modo da far fronte in maniera adeguata alle emergenze di carattere rianimatorio”.
Quanto espresso, a parere dei medici, “espone prima di tutto i pazienti, e poi gli operatori, ad incorrere in gravi conseguenze per la salute degli stessi con gravi ripercussioni anche a livello medico – legale”.
I medici, pur dichiarando la propria disponibilità, tra l’altro in essere, invitano il direttore Caligiuri “a porre in atto ogni iniziativa” affinché si adottino “tutte quelle condizioni di sicurezza previste per svolgere” al meglio il proprio compito.
Beghe pagate soprattutto dai cittadini utenti che, ormai stanchi di una situazione francamente ai limiti della sopportazione, hanno moltiplicato sino all’inverosimile la migrazione sanitaria verso gli ospedali del Centro e del Nord.
Sino a quanto, ovviamente, l’Italia sarà una ed indivisibile.

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