Caloveto – Un imprenditore agricolo Pietro Beraldi, muore schiacciato dal trattore a scoprire il corpo senza vita è stato il figlio
Il tragico incidente è successo domenica oggi si sono svolti i funerali nella chiesa di San Giovanni Calybita, stracolma sino all’inverosimile.
CALOVETO – Officiati dal sacerdote don Giuseppe Strafaci, si sono svolti ieri pomeriggio, nella chiesa di San Giovanni Calybita, stracolma sino all’inverosimile, i funerali di Pietro Beraldi, il sessantanovenne imprenditore agricolo morto tragicamente il giorno prima, schiacciato dal suo trattore, in località Isodoro, nel comune di Cropalati.
Rammentiamo la drammatica giornata di domenica scorsa così come la riferiscono amici e parenti del povero Pietro.
Egli, come è solito fare da una vita, si reca, fin dalle prime luci dell’alba, nelle sue terre che s’affacciano sulla vallata del fiume Trionto.
Il tempo non è dei migliori: rovesci fitti ed insistenti e temperatura che tende al freddo.
L’aurora, però, promette una discreta giornata; l’aria è immobile nel silenzio irreale, rotto solo dal brusio delle acque del fiume, che sa di pioggia, di erba, di odori inebrianti; ed anche di sudori che fluiscono dalla pelle ed ingemmano i volti solcati dalla fatica.
Il fiume va, scorre lento verso il mare, come il trattore cingolato, amico fedele di Pietro, che azzanna la gleba umida.
Pietro deve ritornare a casa per mezzogiorno: va bene il travaglio, lo sforzo e, magari, la devozione al lavoro. Ma la domenica è domenica, con la moglie, e i figli, i nipoti e gli amici.
L’orologio non si ferma, e tende, inesorabilmente alle ore 13. Marco, il figlio di Pietro, chiama e richiama al cellulare del padre.
Nessuna risposta.
La decisione non ammette deroghe: si mette in macchina e scende nella valle.
Giunge nel fondaco; ode il familiare cigolio del trattore ancora in moto; si avvicina ed il tempo gli s’imprime negli occhi come cappa di piombo.
Il papà è lì, riverso sotto il mezzo meccanico, senza vita.
Giungono i soccorsi e le forze dell’ordine le quali non possono fare altro che certificare l’evidenza: Pietro è morto. Sul lavoro.
Il corpo è trasportato presso l’obitorio dell’ospedale di Rossano ove l’ispezione cadaverica della dottoressa Mingrone appare solo una formalità, tanto sono evidenti le cause del decesso.
Malore improvviso? Tentativo di sbloccare la marcia del mezzo meccanico ostacolata da qualche impedimento?
L’autorità giudiziaria non dispone nemmeno l’esame autoptico e stabilisce la restituzione della salma alla pietà della famiglia e di tanti, tantissimi che conoscevano Pietro Beraldi, confusosi, in una mattina anonima di marzo, fra le lacrime della sua terra fino a diventare egli stesso una zolla, un sedimento dei luoghi amati fino allo spasimo tanto da dissolverlo, quasi a ricordare a ciascuno di noi che alla polvere si deve tornare, ache se di quella polvere hai vissuto.