I cittadini di Cariati si aspettano un’amministrazione che sappia governare e non essere litigiosa
La prossima campagna elettorale non deve essere la “Corrida politica” dei dilettanti allo sbaraglio
CARIATI – Dei nostri politici si può dire (con i dovuti riguardi) quello che si vuole, ma non che manchi loro il senso della famiglia.
Il sangue non è acqua, come riconoscono quelli che con una trasfusione si beccano l’Aids, e sono sempre attuali i versi che Giovannino Guareschi dedicò, nientemeno, alla stirpe De Gasperi: “Su fratelli, su cognati, su venite in fitta schiera”.
Perché scandalizzarsi? L’istinto del gruppo lo hanno anche le rondini, ma non è dimostrato che nei cromosomi siano indicate investiture genetiche.
Si eredita, di solito, la predisposizione ai reumatismi o alla miopia, non ad un seggio o una carriera.
Normalmente, nel bambino, il pediatra avverte l’anemia, non il consiglio comunale.
Abbiamo abolito il trono, ma è stato sostituito dalla diffusissima poltrona.
Di nomi veramente nuovi, ancorché il proliferare di “dilettanti allo sbaraglio”, non v’è traccia nella nobilissima Cariati che corre alle elezioni comunali di primavera.
Apocalittici, integrati e riciclati (come dire, il vecchio che si rigenera) sono sempre lì, dietro le quinte a recitare a soggetto.
È pronta una caterva di giovincelli imberbi, tanto ostinati quanto involontariamente disillusi, che galoppano a tutto spiano per guadagnare un “posto” in prima fila: dal teatrino si può anche uscire con le ossa rotte ma niente paura perché, insegna una vecchia legge del circo, “anche se qualche acrobata cade, lo spettacolo continua”.
Eppure chi persevera è ancora lì, sulla rampa di lancio, pronto a scagliarsi, col sincero intento di servire la causa, su quel fiorire di “sbarazzini” che, guarda cosa si sono messi in testa, pensano di cambiare il microcosmo Cariati.
Il torto e la ragione non si possono separare con un taglio netto: sono vicini di casa con reciproci sconfinamenti, sicché l’arte subdola degli adulatori “nostalgici” e le parole mielate nascondono intenzioni perfide.
A questo punto ci piace citare il concittadino Cataldo De Nardo, studioso e conoscitore dell’amministrazione pubblica; segretario e direttore generale emerito in diversi Enti locali; approdato al più alto grado della carriera; politico di razza e già sindaco della città e responsabile provinciale della Unscp (Unione nazionale segretari comunali e provinciali).
Egli, in un suo scritto ha dichiarato: “L’uomo qualunque, quello che non fa politica perché si è “stufato”, si aspetta che i responsabili della politica locale, di qualsivoglia schieramento, per il futuro abbiano maggiore rispetto dell’elettorato e della cittadinanza. Non si può ogni volta “carpire” il voto ora per amicizia ora per parentela, per non dire di peggio, provocando la frantumazione e quindi lo svilimento di un corpo elettorale la cui funzione non è quella di dare attestati di amicizia, di parentela o di sudditanza varia, ma quella di conferire un mandato a chi , nell’ambito dei vari schieramenti , ha le capacità e le possibilità di ben rappresentare e tutelare gli interessi della cittadinanza e del territorio”.