Le bugie sono il sale per i politici nostrani, non a caso c’è chi giura e spergiura di governare in nome del popolo sovrano
Cariati - Che certi amministratori locali siano così sospettosi e si adombrino tanto facilmente e temano e vedano sempre insidiata da qualcuno o da qualche cosa una posizione che essi stessi non possono non giudicare caduca ed effimera, deve dipendere anche dai personaggi che si ritrovano intorno: i mentitori.
Il primo mentitore fu Ulisse. Mentì per salvarsi la vita. Ma anche per il piacere di farlo. Poi venne Platone, filosofo integerrimo, che non disdegnava di suggerire ai governanti di sovvertire la verità nell’interesse del popolo.
E così via. Fino a Pinocchio. Fino all’ultima delle bugie, la più insidiosa: quella di certi politici mezzatacca di casa nostra che finiscono col credere talmente a ciò che dicono da confondere il vero col falso.
La menzogna è un metro, un segnale del tempo, della cultura e di noi stessi. Insomma, una sorta di rilevatore di chi siamo e della realtà nella quale ci muoviamo.
Esistono svariati tipi di menzogne: c’è la bugia detta per non offendere l’altro, per addolcire la pillola, altrimenti amara; quella recitata a fin di bene; quella utilitaristica per salvarci da qualche incombenza non gradita, ed, infine, la bugia protettiva, lo schermo che ci preserva dai guai e diventa il mezzo per sfuggire alle proprie responsabilità.
Mentire, dunque, sembra fisiologico ad un mondo immaginario dove i contorni sono disegnati sulle orme dei propri desideri.
Così la menzogna diventa sempre più un edulcorante della verità; un andare contro l’ordine costituito, che implica lo sforzo di reggere il senso di colpa.
Il mentire risente, tuttavia, della considerazione sociale: per i cinesi è stupido dire la verità perché ci si scopre; per i musulmani l’inganno è condannato dal Corano; per i nostri amministratori, invece, la bugia è terapeutica, gratuita, una fasulla libertà per dei confini a volte troppo stretti e invischianti.
È la sindrome del barone di Munchausen, il famoso personaggio che combatté a fianco dei russi contro i turchi e che, in seguito, si ritirò in un castello dove intratteneva i suoi ospiti con racconti e storie esagerate ed inverosimili.
A leggere le cronache locali, l’esibizione della “menzogna istituzionale” sembra avere trovato ospitalità quaggiù, nel nostro piccolo mondo, da Rossano a Cariati, da Crosia a Corigliano.
Guardate cosa succede nelle nostre contrade: c’è chi s’inchioda alla poltrona; chi giura e spergiura di governare in nome del popolo sovrano e poi si perde in conciliaboli di sacrestia con annesse prebende a parenti ed amici; chi si adopera per “sanare” equilibri” in bilico attraverso elargizioni ai limiti della legalità e chi, ed è peggio, si ostina a trasformare il proprio “mandato” in un affare di famiglia.
Sarebbe auspicabile un minimo di orgoglio che bandisse la “bugia”, MA i nostri sindaci, essendo, come purtroppo si suole, venuti al mondo senza il loro preventivo consenso, hanno una forza tanto invincibile quanto insospettata: la fantasia; l’invenzione, l’estro, il ghiribizzo e la tenacia.
Virtù che, in larga misura, deriva loro proprio dagli scomposti colpi delle opposizioni che parano con serafica noncuranza.
“Hic manebimus optime”, qui stiamo ottimamente, sembrano dire, anche se poi si abbandonano a commenti corrosivi ed ingenerosi nei confronti della carta stampata rea, a loro dire, di remare contro amministrazioni civiche che pure stanno producendo e tratteggiano una svolta di “costume” nella gestione della cosa pubblica.
A voler azzardare ipotesi, un giuochino semplice e ingannevole, forse è proprio nella foga di risolverli, certi problemi, che si rischia di gettare dalla finestra, assieme ai panni sporchi, anche il pargolo.
L’eroico furore col quale i signori sindaci intendono caratterizzare la loro legislatura, piuttosto del cecchino, che al massimo ne faceva fuori uno alla volta, ricorda il combattente armato di mitra: una strage.
Ma nel mucchio ci sono sempre i soliti “protetti”, la storia si ripete, che si salvano, non per grazia ricevuta, né perché forniti di adeguati indumenti antiproiettili: sono i miracolati del potere, coloro che, purtroppo, sguazzando da tempo immemorabile nel torbido, si aggrappano al carro del vincitore di turno e godono un seppur breve periodo di totale immunità.