La sana satira del ponte-online - "Arriva Natale il Palazzo programma le abbuffate".


Ogni riferimento a fatti, circostanze o persone è puramente casuale





Tumultuosa seduta di giunta a Palazzo: il governo civico s’è riunito per discutere dove consumare i prossimi pranzi, e soprattutto le cene, in occasione della grande abbuffata delle feste natalizie.
Presenti, per la prima volta, tutti gli assessori (d’altronde quando si tratta di mangiare non c’è giustificazione che tenga), compreso Catàvur, che questa volta sfoggiava una bella battente a tracolla, ed il Principe Topo Gigio, noto amante del pecorino stagionato, possibilmente piccante.
C’è pure Peppe Din Don il quale, sospettoso, si è portato da casa un cuscino di piume d’oca: se si tratta di dormire è meglio stare comodi.
Mastro Lindo illustra l’argomento: “Amici e compagni di merenda, siamo riuniti per assumere decisioni vitali per il bene della collettività alla quale sta a cuore la nostra salute ed il nostro benessere. Perciò, in verità, proporrei, proprio per conoscere le eccellenze gastronomiche del territorio, di allargare le nostre escursioni mangerecce ai ristoranti della zona. In verità, il sacrificio che vi chiedo è grande, perché saremo impegnati almeno due volte al giorno (pranzo e cena). Ma il nostro sacrificio, in verità, sarà certamente gratificato dal consenso dei cittadini. Noi mangiamo, è vero. Però mangiamo al solo scopo di difendere la nostra identità culinaria”.
Alla parola “culinaria”, Pippi Calzelunghe sente un fremito serpeggiargli nel corpo: forse ha capito “cul in aria”, ed è un’eccitazione irrefrenabile, fino a quando arriva la doccia fredda di Erre Moscia: “Ecco che come al solito capisce pan pev focaccia. La “culinavia” è la scienza del cibo di cui noi siamo eccelsi intenditovi dopo avev mangiato di tutto, dall’antipasto ai piatti più elabovati, fino al vino di 15 Euvo a bottiglia”.
Il Principe Topo Gigio ha una proposta sconvolgente: “Perché non andiamo a mangiare casa per casa risparmiando quattrini che poi possiamo spendere come vogliamo? Io, per esempio, devo rifare la chiglia della mia modesta barchetta: mi bastano 10 mila Euro”.
Micuzzo Tremonts, il mago dei buchi, sembra imbronciato: “Va bene. Continuiamo a mangiare. Io ho il diabete alto, ma mi sacrifico volentieri. Sia chiaro che in cambio pretendo due posti di vigile urbano, uno di funzionario nell’area finanziaria, uno di assessore, uno di consigliere, e tutto il cucuzzaro”.
“Ma sei impazzito – tuona Catàvur - se stai fingendo di non sapere che hai avuto troppo, mentre io, per esempio, l’altra sera, per farti un favore, ho dovuto mangiare solo una pepata di cozze, e tu e la tua famiglia avete consumato quasi 300 Euro di grigliata mista di pesce, dopo aver preso otto porzioni abbondanti di vermicelli allo scoglio, almeno un chilo di “pipi e patate”, oltre a tutto quello che vi offerto il ristoratore”.
Micuzzo Tremonts s’incavola: “E tu che mangi da quasi cinque anni assieme ai tuoi artisti? Qualcuno ha mai sollevato obiezioni? Se continui così io me ne vado”.
Il momento è drammatico.
Se lascia Micuzzo Tremonts significa che siamo alla frutta, quella che hanno pappato con tutta la buccia.
Mastro Lindo cerca di mettere ordine: “Va bene. Tu, Micuzzo, continuerai a mangiare quello che vuoi. E tu, Catàvur, che in verità ti sei sempre riempito il gargarozzo, ti dovrai accontentare di qualche zuppa di pesce. Ma ti permetterò, in verità, di continuare a suonare anche all’estero. Anzi, se vuoi ti mando nel Madagascar a rappresentare Cariati al prossimo Festival internazionale della tarantella farcita”.
Topo Gigio, che rosicchia un tocco di pecorino crotonese, tira fuori l’incisivo superiore e sentenzia: “Ora basta. Se qui c’è qualcuno che deve mangiare, quello sono io. Piuttosto pensate ai panettoni ed allo spumante. E ricordate che l’albero di Natale ed il presepe vivente lo faremo a casa mia. Tu, Mastro Lindo, farai la stella cometa; Catavùr il menestrello; Pippi Calzelunghe il bambinello; Peppe Din Don il contadino dormiente; Erre Moscia l’asinello e Micuzzo Tremonts il bue.
Mancano San Giuseppe, la Madonna, i Re Magi ed i pastorelli: “Quelli li faremo fare ai consiglieri d’opposizione ed ai precari, garantisce il Principe Topo Gigio, “così nessuno potrà dire che siamo antidemocratici”.
Da ultimo, una nostra talpa ci informa che la regia del Presepe vivente sarà a cura della nota società di riscossione “Sono Generosamente Filantropo”.
Catàvur è deluso: voleva farlo lui l’asinello. Ha perso la vena poetica, e così si affida, per la melodia, ai noti stornelli romani della “Società dei magnaccioni”.
Ecco qualche strofa:
FATECI LARGO CHE PASSIAMO NOI
SIAMO IL POTERE DI CARIATI BELLA
SIAMO MAGNONI FATTI COL PENNELLO
E GLI ELETTORI FAMO INNAMORAR
E GLI ELETTORI FANNO INNAMORAR.
MA CHE CE FREGA, MA CHE CE IMPORTA
SE LA FATTURA LA SANNO TUTTI
E NOI MAGNAMO, E NOI BEVIAMO
CON LA FATTURA CE LO PULIAMO.
NOI SEMO QUELLI
CHE PROVIAMO TUTTI I PASTI
E IL POPOLINO NON SI LAMENTI
SE IL PRANZO POI RESTA NEI DENTI.
CI PIACE LA SARDELLA
LA GHIOTTA E I MACCARONI
E A VOI CARI GUAGLIONI
LO METTIAMO SEMPRE LÁ.



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