CRAVEN, UN VIAGGIATORE INGLESE A CARIATI AGLI INIZI DELL'OTTOCENTO
Richard Keppel Craven, nel 1818, si fermò e soggiornò nella nostra Cariati, lasciando una preziosa testimonianza di questa sua visita in un suo celebre libro di viaggi edito a Londra nel 1821.
Franco Liguori - Come abbiamo già avuto modo di scrivere in un nostro lungo articolo dedicato ai viaggiatori stranieri a Cariati ( cfr. "Il Ponte", anno II, n.5, maggio 1994), la nostra cittadina, grazie alla sua felice e strategica posizione geografica nonchè al suo attraente aspetto di ridente borgo cinto da suggestive mura, ha spesso attirato la curiosità dei colti viaggiatori stranieri che, nel Settecento e nell'Ottocento, si sono spiniti fino in Calabria, per cercarvi le tracce di un'antica civiltà o per ammirare le bellezze naturali e paesaggistiche. Si pensi al tedesco Riedesel, che fu a Cariati il 5 maggio del 1767 o all'inglese Swinburne che vi giunse dieci anni dopo, il 10 maggio del 1777. E poi all'abate di Saint-Non, che vi transitò nel 1778 e all'ufficiale francese Duret de Tavel, che ripassò nel 1808.
Ognuno di questi scrittori -viaggiatori ha lasciato una testimonianza nel proprio libro di viaggi. Si tratta di brevi annotazioni o impressioni sul nostro paese, per noi preziose perchè ci aprono uno spiraglio su com'era Cariati nel Sette-Ottocento. Chi scrive le ha raccolte e pubblicato sul numero de -"Il Ponte" sopracitato.
Ora, col presente articolo, vogliamo far conoscere ai nostri lettori una "nuova" testimonianza su Cariati riportata nel diario di viaggio di uno scrittore inglese dell'ottocento, che venne nella nostra cittadina e vi soggiornò brevemente, ospiti di un'imprecisata famiglia gentilizia.
L'anno della visita a Cariati da parte di questo illustre turista inglese è il 1818. Il personaggio è lo scrittore Richard Keppel Craven.
Prima di riportare quanto egli scrive sul nostro paese, vogliamo fornire qualche cenno informativo sulla sua vita e sulla sua opera.
Richard Keppel Craven nacque in Inghilterra nel 1779 e morì a Napoli nel 1851. Figlio di sir William, sesto barone Craven, viaggiò a lungo in Europa e nel 1815, all'età di 36 anni, si stabili a Napoli, insieme alla madre Elisabetta, vedova in seconde nozze di Cristiano Federico, marchese di Brandeburgo.
Nel 1834 una cospicua eredità gli permise di acquistare un grande e antico convento nella valle dell'Irno, tra l'Irpinia e il Salernitano, dove trascorse lungo periodi di meditazione, avendo a soli interlocutori i contadini e i pastori del suo feudo.
Durante gli anni del suo lungo soggiorno in questo antico convento della Campania, il Craven ospitò letterati, viaggiatori e politici, amici e suoi connazionali.
Le sue opere principali sono: A Tour through the Southern Provinces of the Kingdom of Naples ( "Viaggio nelle Province meridionali del Regno di Napoli") e Italian scenes: A Series of Interesting Delineation of Remarkable Wiews ad of Celebrated Remais of Antiquity (1825).
Del Craven conosciamo anche l'aspetto fisico, perchè disponiamo di un disegno della sua persona, eseguito nel 1832 dal conte D'Orray ed attualmente conservato alla National Portrait Gallery di Londra. Lo scrittore inglese vi è raffigurato come un giovane con i capelli arruffati, lunghi basettoni, naso retto, labbra sottili e mento sfuggente.
Quando alla personalità e al suo temperamento, cosi scrive di lui Carlo Carlino, benemerito studioso di tutti gli scrittori -viaggiatori stranieri che hanno visitato la Calabria tra Settecento e Ottocento: "Di certo era un conversatore brillante, colto, molto colto, che spesso poteva anche risultare noioso. Non era certo incline al sorriso, però, se ogni piccolo inconveniente lo contrariava. Ossessivo e maniacale, amava dissertare su minuzie, congetture, cavilli, tortuosi ragionamenti....
E questo suo spirito si trova interamente nel suo diario di viaggio nell'Italia Meridionale, dove lo stizzoso, inquieto e altezzoso viaggiatore rivela la sua vera natura".
Il viaggio in Calabria e il soggiorno a Cariati
Il viaggio del Craven nelle province meridionali del Regno di Napoli ( Puglia, Basilicata, Calabria), ebbe luogo tra la primavera e l'estate del 1818. Fu un viaggio motivato - come egli stesso scrive- dalla "curiosity and enjoyment", più che da uno specifico - object of interest". Quindi non l'antico, o non questo soltanto, non la società, non il recupero di selvagge innocenze e di sopravvivenze pagane, ma allargamento di conoscenze e maturazione di esperienza, motivati dalla curiosità di un "amateur" che disponeva di molto tempo e di molto denaro.
Craven parti da Napoli in carrozza, accompagnato dai servitori pronti a soddisfare ogni suo bisogno e poi, a cavallo, da Benevento, prosegui verso la Puglia e la Calabria, dove giunse agli inizi di giugno del 1818.
Curioso e irascibile, il dotto viaggiatore inglese credeva di poter compiere un viaggio che desse in modo esaustivo le reali condizioni del Sud.
Ma sopratutto un profilo storico e archeologico, nutrito com'era dei suoi inseparabili Virgilio e Tito Livio, Licofrone, Strabone, Plinio, ma anche degli eruditi calabresi Barrio e Marafioti.
A differenza di altri dotti viaggiatori stranieri, egli si mostra attento non solo al periodo magnogreco della storia della Calabria, ma anche all'età bizantina, a quella normanna -sveva, alla "facies" rinascimentale spagnola e finanche agli avvenimenti a lui contemporanei.
In Calabria il Craven giunse dopo aver visitato Taranto ed aver fatto sosta a Metaponto e a Policoro.
ll primo paese calabrese da lui toccato fu Rocca Imperiale. Seguirono Montegiordano, Roseto Capo Spulico, Amendolara, Trebisacce, Cassano, Corigliano, Rossano e, quindi, la nostra Cariati, dove pernottò e fu ospite di un'importante famiglia del luogo.
Ma ecco il suo racconto:
" Attraversai l'acquaniti e sulla mia destra vidi tre piccoli villaggi, tra cui il più grande mi sembrò Calopezzati, con un grande castello quadrato. Cariati, invece, dove volevo pernottare, lo scorsi soltanto quando giungemmo ai piedi della montagna sulla quale si innalza. Anche qui la fontana che fornisce tutto il paese è situata in una posizione alquanto disagevole e l'acqua viene prelevata con barili trasportati da muli. La strada è ripida e mal lastricata, ma non molto faticosa; una porta con un ponte levatoio è l'unico ingresso del paese, ma il decrepito stato delle sue mura permette l'entrata in molti altri punti. E' un misero luogo, simile ad Amendolara, che ha però il vantaggio di una strada diritta e di due buone case. Il Castello baronale, posto su un'estremità del paese, in una posizione dominante, è in rovina. Il paese divenne sede vescovile alla fine del V secolo, come dimostrala presenza del suo vescovo, Menecrate, ad un concilio tenuto a Roma sotto il pontificato di Simmaco. La Cattedrale, apparentemente di epoca normanna, è un goffo edificio gotico.
Cariati, benchè situata in una fertile e ricca zona, favorita da un clima eccellente, è misera e desolata e non conta più di milleduecento abitanti.
Esposta per diversi secoli alle ripetute scorrerie dei Turchi e degli Algerini, non di meno ha sofferto negli ultimi vent'anni per le devastazioni delle truppe straniere e i saccheggi dei briganti. Nel 1806, fu attaccata dai briganti che abbracciò la causa legittimista, calpestò ogni legge e abusò della fedeltà dovuta ad un sovrano ereditario. Esibendola ostentatamente alla crudeltà dei sudditi, li trattò con la stessa ingiustizia e rapacità dei conquistatori francesi. Ma alla fine i briganti furono scacciati dall'esercito francese, che riversò la sua vendetta sugli indifesi abitanti, che non ebbero la forza di opporsi a nessuna delle due fazioni, che sembra lottassero con lo stesso scopo di devastare e rapinare.
L'intera divisione dell'armata francese, comandata dal generale Reyner, si accampò nei pressi della fontana sotto Cariati, mentre gli abitanti più in vista del paese furono costretti in ginocchio ad implorare la remissione della pena inflittagli per aver accolto coloro che venivano definiti rivoltosi. E fu solo grazie all'umanità del comandante se il paese conservò i suoi resti.
Tutta la costa orientale della Calabria e la maggior parte delle zone interne furono durante quel periodo teatro di una guerra che nessun'altra parte del continente conobbe.
Le montagne vicino Cariati sono ricche di selvaggina e le foreste, che cosi numerose coprono le loro cime, forniscono un'enorme quantità di quella qualità di frassino che produce la manna, un importante ramo del commercio di queste provincie, e in particolare di questo distretto. La sua foglia è più grande di quella del nostro frassino, e l'albero raggiunge raramente certe grandezze. Sopra una delle cime più alte sorge Terra Vecchia, che Swinburne ritenne esser l'antica Paternum".
Ed ora qualche nostra riflessione in margine al racconto di Craven.
Quello dello scrittore inglese ci sembra una testimonianza estremamente interessante perchè, oltre a risultare la più lunga tra quelle fornite da tutti i viaggiatori che hanno visitato Cariati tra Sette ed Ottocento, contiene preziose indicazioni su come era il nostro paese in quel 1818.
Di particolare interesse ci sembra la descrizione che Craven fa della Fischia, della Scalidda e del Ponte.
A proposito dell'odierna località Fischia il viaggiatore inglese, riferisce che li c'era una fontana che riforniva d'acqua tutto il paese e che quest'acqua veniva prelevata con barili trasportata da muli.
Egli dice ancora che "la strada" per salire al paese era "ripida e mal lastricata, ma non molto faticosa". E poi dice che l'ingresso al vecchio borgo era assicurato da "una porta con un ponte levatoio". Questa porta era ubicata certamente nella zona ancora oggi denominata "Ponte" e , più precisamente, nel punto detto "Pilè" (parola di origine greca che equivale a "porta").
Il Craven parla nella sua descrizione anche di un "castello baronale in rovina", "posto su un'estremità del paese, in una posizione dominante".
Egli allude agli avanzi del Palazzo degli Spinelli che sorgeva la dove ora sorge il Palazzo del Municipio (già Venneri), costruito dai Venneri verso la metà dell'Ottocento, sui ruderi della precedente struttura.
Il viaggiatore inglese fa anche un piccolo cenno alla Cattedrale e la definisce "un goffo edificio gotico". La nostra cattedrale non aveva, infatti, assunto ancora l'aspetto neoclassico che prenderà dopo il totale rifacimento subìto nel 1857 e voluto dal vescovo Golia. Prezioso ci sembra, infatti, il racconto che il Craven fa dei fatti di Cariati del 1806, allor quando il paese "fu attaccato da una banda di briganti che aveva abbracciata la causa legittimista". Alla fine, però, "i briganti furono scacciati dall'esercito francese, che riverso tutta la sua vendetta sugli indifesi abitanti, che - commenta Craven - non ebbero la forza di opporsi a nessuna delle due fazioni ".
Un'ultima curiosità. Dove soggiornò il Craven durante la sua breve permanenza a Cariati? Lo scrittore inglese non lo dice con precisione. Dice soltanto di aver trovato ospitalità "presso una famiglia che non era solita praticarla", almeno "a giudicare dalla confusione creata" dal suo "arrivo" e "dall'abituale ritardo con cui veniva servito il pranzo".
L'impressione ricevuta dal Craven come turista dovette essere buona, se egli stesso scrive che "Cariati è situata in fertile e ricca zona ed è favorita da un clima eccellente".