LE ULTIME DALL’OSPEDALE: 11 GIORNO DI SCIOPERO - LE DONNE PROTAGONISTE DELLA DIFESA DEL “COSENTINO” – DOMANI NUOVO INCONTRO TRA IL VESCOVO MONS. MARCIANO’ ED IL SINDACO DI CARIATI
CARIATI – Protesta per la chiusura dell’ospedale: undicesimo giorno.
Le protagoniste sono loro, le donne, soprattutto anziane pensionate, che di rimuovere il blocco stradale proprio non vogliono saperne.
Non le schioda nemmeno la pioggia: sotto la grande tenda piantata in mezzo alla strada sono più determinata che mai, soprattutto dopo la quasi “fumata nera” sortita dal vertice tecnico fra una rappresentanza dei sindaci ed il dipartimento regionale alla salute.
Assise sulle poltroncine in plastica, i volti scavati dalla rabbia e la ferrea volontà di resistere negli occhi, non perdono per un attimo fierezza e dignità.
Per una città che non ha una Piazza vera e propria, intesa come agorà ove fraternizzare ed intrattenere rapporti sociali, la statale 106, da anonimo serpentone d’asfalto diventa il luogo deputato per il confronto civile, ma fermo, su un tema che tocca trasversalmente i diritti di tutti.
Mamme e nonne che non vogliono rinunciare al “loro” ospedale; che non vogliono essere considerate cittadine di serie inferiore.
Mamme e nonne che hanno penato al solo scopo di garantire ai propri figli una vita decorosa, ma anche la certezza di poter essere curati al meglio in caso di bisogno.
Ed al “Cosentino” non s’è mai registrato un solo caso di malasanità.
“I medici, gli infermieri e tutto il personale – commenta la signora Maria, 70 anni, pensionata – sono sempre stati di una professionalità esemplare. Se poi pensiamo a quanto calore umano sono riusciti a trasmettere ai pazienti, a tutti i pazienti, allora vale davvero la pena di lottare senza arrendersi un attimo”.
Ovviamente, l’ospedale rappresenta, assieme agli istituti di istruzione superiore, l’unica “industria” territoriale di un certo rilievo; una “fabbrica” che ha provocato un indotto poderoso in ogni settore commerciale.
Insomma, con l’ospedale vanno in frantumi i sogni di decine e decine di famiglie.
Sul fronte dei “contatti” regionali non si registra alcuna novità di rilievo.
Il coriaceo sindaco Filippo Giovanni Sero, pur con tutte le cautele del caso, continua a serbare un frammento di speranza, anche se le recenti esperienze dovrebbero condurlo ad altre e più amare riflessioni.
Ma lui ha un alto senso delle istituzioni e ritiene doveroso alimentare certi canali ufficiali e sfruttarli fino alla noia: “Domani – spiega – incontrerò nuovamente il vescovo Santo Marcianò, una personalità importante, sotto il profilo umano, cristiano e carismatico, che ha sposato letteralmente la nostra causa. Il sant’uomo si sta adoperando in ogni modo, tessendo una fitta tela di relazioni al fine di far riaprire un discorso bruscamente interrotto da incomprensioni e da cattivi suggerimenti. Ribadisco: noi non vogliamo l’ospedale sotto casa, tanto da essere stati i primi in Calabria a collaborare per una riconversione autentica del “Cosentino”, consapevoli come siamo che il modello sanitario calabrese ha urgente bisogno di essere rimodulato. Ma da qui a chiuderci completamente ce ne passa. Ecco da dove deriva il malcontento popolare: da un’impostazione errata del problema che francamente sconvolge un vasto territorio ove vivono, nonostante tutto, oltre 80 mila persone”.