OSPEDALE – UNA FOLLA STRARIPANTE (ERANO IN 10 MILA) HANNO PARTECIPATO ALLO SCIOPERO – DOMANI SAPREMO LA SORTE DEFINITIVA DEL “COSENTINO” – CONTINUA IL BLOCCO DELLA SS 106 CON GRAVI DISAGI AL TRAFFICO
CARIATI - E venne il giorno della rabbia popolare.
Già fin dal primo mattino il piazzale dell’ospedale si riempie di gente proveniente da tutto il Basso Jonio: qualcuno dice che sono in 10 mila, ma certamente una fiumara umana così imponente non s’era mai vista da queste parti.
Arrivano i sindaci di tutto lo Jonio cosentino e dell’Alto Crotonese coi loro gonfaloni portati a spalla dai rispettivi agenti di polizia municipale.
Le scuole sono di ogni ordine e grado sono deserte; negozi e attività commerciali chiudono; tutti si riversano per le strade.
L’incredibile corteo avanza sulla statale 106 fino al Porto; in prima fila ci sono i bambini delle elementari: anche loro protestano perché, dice un cartello, “vogliamo essere curati qui da noi, senza vagare per l’Italia”.
Tra i caroselli degli studenti si “annidano” centinaia di persone anziane: ognuno ha avuto a che fare col “Cosentino”, l’ospedale che fra qualche ora “morirà” per decreto del commissario straordinario alla sanità, il presidente Scopelliti.
L’immensa folla, composta e colorata, percorre le strade principali della città causando il momentaneo blocco della circolazione stradale.
“Una passeggiata salutare”, la definisce il sindaco, Filippo iovanni Sero, stremato da una lotta che dura da tre settimane, compreso un sciopero della fame di 9 giorni.
La speranza che il governatore potesse recepire le istanze popolari sembra svanire, giacché egli non perde occasione per riconfermare che indietro non si torna.
Ergo, i giochi sono fatti, sicché la collera è palpabile in ogni volto, in ogni espressione.
Nel piazzale dell’ospedale, sotto un sole cocente, i primi cittadini del territorio si alternano al microfono: spetta al padrone di casa, Sero, aprire le danze, ed è un tripudio d’ovazioni:“Ci aspetta un lunghissimo periodo di lotta, e nessuno s’illuda che molleremo”.
E poi, rivolto a Scopelliti: “La nostra non è una questione politica, né ideologica, né elettorale. È una questione di bisogni elettorali ai quali lei deve dare risposte certe”.
Sero ricorda alla folla che il “Cosentino”, nel Piano di rientro “blindato”, non era un ospedale da chiudere: “Non è vero che Scopelliti sta portando avanti quanto deliberato dalla precedente giunta regionale, è non è vero che gli accordi sottoscritti in Prefettura nel 2009 sono “carta straccia”, perché sono stati frutto di una grande battaglia che ci ha visti uniti, oltre ogni logica di appartenenza”.
Insomma, il grande imputato è lui, il presidente Scopelliti, al quale Filippo Giovanni Sero manda a dire: “Ce la faremo, nonostante lei. Ce la faremo per i nostri figli. Ce la faremo perché la nostra è un’istanza che nasce dai nostri cuori. Non per questo rifuggiamo ulteriori confronti: siamo gente civile, non mafiosa, né ‘ndranghetista. Sabato ero anche io a Reggio Calabria. Avrei voluto incrociare lo sguardo di Scopelliti e chiedergli se sono anche io legittimato a lottare, assieme a lui, contro la ‘ndrangheta, oppure se non ho questa facoltà. Sarò assieme ai miei concittadini, notte e giorno, in qualsiasi tipo di battaglia”.
Mario Sero, capogruppo consiliare del Partito democratico, è caustico: “Il grido di Cariati, periferia della periferia, ha assunto dimensione nazionale. Abbiamo “costretto” la grande stampa ad occuparci di noi, nonostante i lacci imposti dal potere di Scopelliti. Questo ospedale non ha mai prodotto nessun caso di malasanità: qui si tutela la vita, non si provoca la morte”.
Gli applausi sono assordanti, i mugugni contro la decisione regionale altrettanto.
Insomma, tra qualche ora si deciderà la sorte definitiva del “Cosentino”, intitolato proprio al suo primo presidente che adesso , spiega M. Sero, si “vuole fare morire una seconda volta, Allora ci spieghi Scopelliti come mai nella sua provincia (Reggio, ndc) non ha osato toccare nessun santuario della sanità pubblica, o se lo ha fatto, ha dovuto ripiegare solo sui casi eclatanti, lasciando però prosperare le decine di cliniche private, i posti dove si annida il malaffare e la corruzione e dove si giocano i destini politici dei potenti”.