RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO UNA LETTERA CONCONSIDERAZIONI E RIFLESSIONI DI MARIATERESA PATTAVINA








L’informazione è senz’altro il modo più incisivo per farci sentire tutti “cittadini dello stesso pianeta”. E’ facile e veloce ormai, navigando in internet o seguendo i titoli dei quotidiani proposti dalla TV sin dalle prime ore del mattino, farsi in tempo reale un’idea di quel che sta succedendo nel mondo.
Di solito le notizie in primo piano sono le più tristi e negative: forse perché sono quelle che fanno più audience o forse perché – è ormai un luogo comune - è più “spettacolare” ascoltare il rumore di un albero che cade che il sussurro di una foresta che cresce. Restringendo il campo con un ipotetico “zoom” dal mondo intero al nostro continente e via via fino alla nostra amata e tormentata regione, le cose ahimé, non cambiano di molto, anzi se possibile sono amplificate proprio nel loro lato negativo.
Parliamo ad esempio di sanità, degli alberi tarlati della mala sanità, che fanno tanto notizia, a fronte di quelli, sani e robusti – perché ci sono! – della buona sanità, di cui si dice poco e, quando qualcosa si dice, spesso lo si fa in modo scorretto e non veritiero. Si fa un gran parlare di ospedali che sorgeranno in un prossimo futuro al posto di altri che intanto sono già stati celermente chiusi (nell’ottica dei tagli); oppure di strutture moderne ed in ottimo stato, dove però il personale (sempre nella stessa ottica) è stato ridotto fino all’insufficienza; o ancora di ospedali dove è garantito un servizio altamente professionale dal punto di vista medico, psicologico e umano ma allocati in strutture vecchie e inadeguate.
Alcuni giorni fa ho letto su diverse testate locali, con uno stupore se non con sbalordimento, alcuni articoli dedicati al centro oncologico “Mariano Santo” di Cosenza.
Anche prescindendo dalle note positive ufficiali che lo riguardano, come l’accreditamento dell’Eccellenza (il quarto in Italia) e i due “bollini rosa”, riconoscimenti attribuiti dal Ministero della Salute per l’attenzione rivolta alle problematiche della salute delle donne ecc., vorrei spendere sul Centro qualche parola che, alla luce dell’esperienza che là ho vissuto personalmente, mi detta il mio cuore. Ho trovato umiliante, e profondamente ingiusto e inesatto, ciò che ho letto sulla Oncologia medica di Cosenza: ho avuto la “ventura” (nella problematicità del significato del termine) di essere stata ospite del Mariano Santo in quanto paziente affetta da tumore, ed ho lì quindi vissuto una fase certo non insignificante della mia vita.
Frequentando quel posto nella condizione di degente, ho avuto facilmente modo di capire che un ospedale non è fatto solo di mura e locali ma soprattutto di persone. Un malato oncologico che, è brutale dirlo, deve confrontarsi con una malattia che spesso porta alla morte, non si aggrappa di certo alla struttura ma a chi in essa opera: i medici, gli infermieri, gli psicologi, e tutti quegli operatori che gravitano intorno a lui per assisterlo.
Ho conosciuto, al Mariano Santo, veri professionisti che mi hanno curato, come curano tutti i loro pazienti, con dedizione, rispetto e tanta, tanta umiltà; che li rassicurano li sostengono, ai quali somministrano oltre ai farmaci, grandi dosi di forza e di coraggio, necessarie quanto i medicinali per affrontare con dignità e per sconfiggere con questa terribile malattia.
Ricordo la disperazione, la stessa che opprime ogni vittima del cancro, quando cominciai i miei cicli di chemioterapia.
Sulle prime tutto mi spaventava, anche la strada che mi portava all’ospedale. Ma poi, avendo potuto attraversare quel periodo col conforto del supporto medico che ho ricevuto, ogni cosa - le macchine a cui eravamo attaccati da un lato io e dall’altro le flebo, il loro odore acre, le poltrone, i sorrisi e le confidenze con gli altri malati, persino quel “friccichio”che annebbia un po’ la mente e che ti accompagna durante tutto il trattamento - tutto per me è diventato rassicurante, perché era accompagnato dalla grande umanità del personale medico-infermieristico.
Il malato oncologico, oltre che delle cure prescritte dai vari “protocolli”, ha bisogno di conforto e rassicurazioni che a volte, disperatamente, attinge non solo dai medici ma anche da chi prima di lui ha vissuto la sua esperienza.
Ma anche, quel conforto e quelle rassicurazioni, gli devono essere offerti dalla stampa, che ha il dovere di essere coerente, fedele alla realtà delle cose, autentica e sincera.
Mi permetto perciò di dissentire da quanto ho letto negli articoli dell’illustre Sig. Franco Corbelli che, per carità, ha sicuramente ragione nel denunciare le problematiche strutturali che effettivamente affliggono i locali del Mariano Santo. Tuttavia, avendo sperimentato una realtà così particolare personalmente, sulla mia pelle, e non per sentito dire, sento il dovere morale di rassicurare tutti coloro che purtroppo devono sottoporsi a cure oncologiche, e lo fanno al Mariano Santo.
Da questa malattia, prima di tutto, si può guarire; ed io stessa, con altri che hanno avuto la fortuna di ottenere a Cosenza le giuste terapie e la necessaria assistenza, ne sono, è proprio il caso di dirlo, la prova vivente.
Sono orgogliosa di poter dire che al centro oncologico Cosentino non si è affatto trattati con disorganizzazione o confusione, ma si è anzi seguiti con immenso rispetto e con la massima professionalità.
Descrivere il Mariano Santo come una “Struttura da terzo mondo e degna di una città come Calcutta”, e non saper andare oltre, credo sia il modo più semplicistico, per quanto certamente sensazionalistico, di fare informazione.
Posso immaginare quale piacere possa dare a certi burocrati, un simile approccio: “intanto - dicono quei burocrati - chiudiamo”: sappiamo tutti bene che chiudere, con la scusa dell’inadeguatezza dei locali, è facile. Ma intanto Sig, Corbelli, ha considerato che oltre a mobili e arredi ci sono persone che hanno bisogno di cure? E dell’immenso patrimonio di cultura, professionalità e competenza che ne facciamo? Ritengo perciò che scrivere in un modo simile - parziale, generico quanto superficiale e solo per sentito dire - di problematiche peraltro comuni a tanti altri nosocomi, e non solo della nostra regione, sia deleterio e dannoso, soprattutto se si hanno davvero a cuore la speranza, la fiducia e le aspettative che ogni malato, anche qui al Sud, ha l’inalienabile diritto di nutrire.
Non è giusto né sensato parlare così genericamente e astrattamente di difesa dei diritti dei cittadini. Bisogna prima di tutto difendere orgogliosamente, quando c’è, ciò che abbiamo: a cominciare dalla dignità, dalla professionalità e dalla competenza. E al Mariano Santo, lo so per esperienza, al Mariano Santo, tutto questo c’è; e scusate se è poco.

di Mariateresa Pattavina

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