IL LICEO "S. PATRIZI" HA FESTEGGIATO I PRIMI 40 ANNI
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CARIATI – Pasquale Loiacono - Nell’aula magna del Liceo Scientifico Statale “ Stefano Patrizi” c’è la folla delle grandi occasioni: docenti in pensione ed in servizio; autorità religiose e militari; studenti di oggi ed allievi di ieri, magari brizzolati, che si ritrovano per festeggiare i 40 anni dell’Istituto che li ha formati e avviati ad un’altra scuola, probabilmente più dura, che è quella della vita.
Ma dei quasi duemila diplomati in 4 decenni molti ce l’hanno fatta, ed ora occupano posti di rilievi nella società civile calabrese, anche se il “Patrizi” ha esportato decine e decine di giovani ingegni altrove, ambasciatori della Calabria migliore.
La dirigente scolastica Franca Eugenia Guarnieri, rammentando che il Liceo diffonde la cultura ed è sede della conoscenza per l’intero, vasto comprensorio del Basso Jonio, ripercorre le offerte formative dell’istituto cui hanno partecipato con entusiasmo gli studenti.
Il sindaco cariatese Filippo Giovanni Sero spiega il rapporto, positivo, che intercorre fra scuola ed istituzioni, a significare che cultura e conoscenza rappresentano l’ancora di salvataggio per la nostra società, tanto da riproporre il mai risolto dilemma: “È la mancanza di cultura che genera crisi, o è la crisi che produce incultura?”
Il professore emerito Franco Liguori, una vita al “Patrizi” tanto da identificarsi con l’istituzione stessa, traccia da par suo, col piglio e lo scrupolo dello storico rigoroso e disciplinato, il ritratto di una scuola al servizio della collettività.
La memoria corre all’anno dell’apertura, il 1969: finalmente i giovani di questo lembo di negletta Calabria possono frequentare un corso di studi senza gravare sulle fragili ossa delle famiglie.
Figli di contadini, pescatori, operai, piccoli artigiani, coronano il sogno di apprendere; ed i padri e le madri anch’essi, in una visone onirica, credono, a ragione, di poter affrancare la prole dalla miseria culturale.
Il “Preside dei Presidi” Antonio Latanza (20 anni a capo dell’Istituto) conferma: “Questa è una scuola nata per i bisognosi, i quali sentivano forte il bisogno di un’istruzione che potesse permettere loro un salto di qualità autenticamente libera e democratica”.
L’attuale vice preside Ignazio Russo ripercorre le tappe del “nuovo corso”: “La scuola deve stare al passo coi tempi, e noi, fra i grandi, quotidiani stravolgimenti sociali e di stili di vita in perenne evoluzione, abbiamo il dovere di affiancare e guidare i giovani in scelte consapevoli”.
La funzionaria dell’Ufficio scolastico regionale Mirella Pacifico spiega i termini della dispersione scolastica e sostiene che la scuola non deve essere al servizio solo di chi vuol far carriera: “Insegnare significa “lasciare il segno”, e gli insegnati autentici concepiscono il loro ruolo al pari di una missione giacché il compito del docente è, letteralmente, quello di “tirare fuori” il meglio dell’allievo”.
Segue il professore Giampiero Givigliano, docente di storia romana all’Unical, secondo cui chi insegna deve trasmettere passione.
Il dibattito, moderato dalla insuperabile scrittrice Assunta Scorpiniti, si conclude con una carrellata di amarcord (emozionante quello dell’ex liceale e ora sindaco di Scala Coeli, Mario Salvato) affidati alla memoria degli ex allievi: il tempo sembra essersi fermato, ma, quando aumentano i rimpianti e si riducono le speranze, la gioventù svanisce sul filo di una ruga, sul candore di un capello, su una lacrima che rimbalza e si spegne tra le dita.