C O M U N I C A T O S T A M P A DELLA SEGRETERIA REGIONALE UILCEM - QUELE FUTURO PER LA CENTRALE ENEL DI ROSSANO ?
catanzaro - Qual è il reale progetto, ammesso che ci sia, dell’ENEL per la centrale di Rossano?
Da anni si parla di riconversione ma senza dare mai la sensazione di una progettualità seria e determinata.
Nel frattempo il personale alle dirette dipendenze, che ora si è ridotto ad un centinaio di unità, diminuisce sempre di più e quello dell’indotto rischia seriamente di trovarsi presto senza alcuna fonte di reddito per i tagli continui che si portano avanti negli appalti.
Solo qualche anno addietro in quel sito industriale ci lavoravano 360 lavoratori diretti ed almeno 500 indiretti, oltre a quanto si spendeva in termini di acquisti di materiale vario nei negozi e nelle aziende della Sibaritide che produceva altro reddito.
Tutto questo adesso non c’è più.
In cambio di poche decine di dipendenti (diretti ed indiretti) la Sibaritide è costretta a sopportare la presenza di un sito industriale che entra in funzione solo quando la rete elettrica lo richiede.
La percezione che si ha è quella di un’azienda che non sa realmente cosa vuol fare.
Le proposte portate avanti per la riconversione a carbone pulito di nuovissima tecnologia, con la conseguente cattura e stoccaggio di CO2, sembrano proposte buttate li senza una reale volontà di portarle avanti.
Non si spiegano altrimenti i lunghi silenzi e le perdite di tempo, per chiarire all’amministrazione cittadina alcuni aspetti secondari del proprio progetto.
“Non ci sono scusanti al comportamento irritante dell’ENEL rispetto alla centrale di Rossano – afferma in una dichiarazione il Segretario Generale della UILCEM calabrese Gino Campana. Se l’ENEL ha un progetto serio di trasformazione, che possa portare sviluppo ed occupazione nella Sibaritide, lo dica chiaro e tondo e sia consequenziale. Se invece vuole perdere tempo giocando anche sulle spalle di quei pochi lavoratori rimasti in Centrale, lo dica altrettanto chiaramente così da evitare ai tanti giovani disoccupati del territorio di cullare speranze lavorative nella propria terra. Certo – conclude Campana – non si può tergiversare ulteriormente”.