L'ANGOLO DELLA CULTURA: ALFREDO GENOVESE PRESENTA LA POETESSA BRESCIANA MISIA






"""""""""Sfogliando il grande libro virtuale di Gocce di Poesia, del quale ne sono uno dei fautori, mi sono imbattuto nelle pagine intercalate riguardanti un'autrice che merita rispetto ed attenzione nonchè di uno studio intellettuale.
Una cospicua produzione, la sua, nella quale, e non dico oscenità affermando ciò, ci si trova girovagare con gaiezza in un ginepraio accogliente poichè costituito da scintille che luccicano su di ogni testo senza poter produrre danni ma solo entusiasmo e che, leggendo e leggendo si può facilmente cadere nella sindrome di Stendhal, tante sono le fasi emozionali trasmesse al lettore e non nascondo d'esserne stato
coinvolto con quel firte senso tachicardico producente effetto gioioso e di meraviglia.
Vi spiegherete a chi possa io riferirmi e per evitare un ripetersi di quella strana sindrome, affermo trattarsi di Elide Colombo in arte col nick di Misia.
Misia rappresenta la poliedricità scritturale raggruppando una serie infinita di correnti poetiche che variano dalla poesia moderna a quella ermetica per finire anche a quella crepuscolare senza disdegnare quella che s'accosta al pessimismo libero ma proiettato alla scoperta della sua speranza in quanto poesia interpretativa su versi sciolti.
Misia offre, senza ombra di dubbio, un'espressione rapidissima sulla traccia visiva, ma del tutto personale per il prevalere di suggestivi elementi analogici, mirabilmente sospesi tra la concretezza di quegli accennati particolari visivi e la lontananza delle suggestioni.
La poesia di Misia, attentissima al tema della natura, brulica di vite misteriose, stimolante,per noi romantici nostrani,per l'acuita sensibilità in cui il mistero dell'amore e della vita, che si rinnova, viene inserito nella trama nobilissima dei sui rumori e degli odori piacevoli esalati dai suoi versi.
Le frequenti sue dilatazioni di un singolo episodio hanno fatto accostare tutta la sua poesia alla natura stessa che ne fa da sfondo ed è come si estendesse in vaste paludi coperte da nebbia per poi rimbalzare in cascate roboanti e schiumose e di nuovo il ristagno e nuovamente il cammino, ora per regioni indistinte, ora per campagne straordinariamente gioconde e ubertose.
Misia non incorre mai, nei sui versi, nella prosasticità formale, ma spesso la notiamo avvertire una fonte di ermetismo lirico, anche se rifugge dall'anologia largamente diffusa servendosi di un lessico e di una sintassi normale, appunto per conferire una sorta di liricità.
Evoca molto spesso i suoi sentimenti con l'equilibrio stilistico che la contraddistingue facendo assumere ai suoi testi una colorazione di un mondo perduto nel tempo, ma che si popola nel presente, a volte anche di solitudine e di malinconica mitizzazione di quel passato.
Leggendo Misia, non è azzardato collocarla nelle immediate vicinanze di Carlo Betocchi, un grande della scuola ermetica, solo perchè Misia non rinuncia alle interiori conquiste basate sulla realtà caricativa.
Infatti vi è da dire che l'autrice la troviamo facilmente vicino ad un modo asciutto con una fedeltà poetica che è quel dolersi tacito e consentito del semplice effetto e lineare del proprio sentimento e risentirlo tutto nella natura d'intorno, questo è ciò che si nota in Misia: l'allargamento nella stagione e nei campi, sempre presente in un cuore trepido e solerte ai moti dell'oggetto amato, un abbandono lirico ed una sorta di fluire armonioso dello stellato delle figure visibili del creato, abbandono che si esprime nei suoi testi migliori, giungendo così ad essere una sfacciata crepuscolarista in quanto cercatrice di una fisionomia personale in una temperie di gusto comune e che riassume con un certo tipo emblematico, il tono dimesso e fievole della programmata umiltà crepuscolare.
In "Un sogno spento"si nota l'atteggiamento letterario che, come sempre può accadere in ogni antiletteratura,ma la lirica che ritengo una tra le più alte e significative di Misia resta il testo " Lo so" dove l'eccentricità del verso libero si dilata e si restringe con una mobilità e duttilità senza precedenti, il cui linguaggio della realtà, la sua realtà, ci conduce in via diretta a quella modulazione fuori da schemi metrici fissi e con movimenti che divengono e si raccolgono nel sentimento e nella riflessione: una sola direzione di cui solo negli ulteriori sviluppi della nostrana poesia, si può accertare o inverare di fecondità.
alfredo genovese


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