LE CORNA DEI POLITICI: LA SCARAMANZIA NEL COSTUME DEI POTENTI




di Pasquale Loiacono

Mettiamo subito in chiaro una cosa: non crediamo nel malocchio; né negli iettatori e tanto meno nella scaramanzia.
Non pronunciamo formule come “occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio” e non teniamo in tasca un corno portafortuna o un ferro di cavallo.
Eppure la superstizione, con tutti i rimedi che ad essa sono legati, può essere un argomento divertente e rilassante.
Ma come riconoscere uno jettatore?
Non ci sono dubbi: è arcigno, cattivo, solitario, silenzioso, magro, pallido o di colore giallognolo, leggermente curvo e con gli occhi sporgenti e le sopracciglia folte e unite.
Così lo rappresenta la tradizione popolare e così lo ha interpretato Totò in un film di Luigi Zampa: il “Principe della risata”, perseguitato dalla fama di essere un menagramo, chiede ed ottiene dal giudice la patente di uccello del malagurio.
Dallo jettatore ci si difende puntandogli contro la mano con il mignolo e l’indice tesi e le altre dita piegate: le classiche corna.
È il rimedio migliore per allontanare la mala sorte, ma all’occorrenza si può stringere un corno, rigorosamente rosso, di corallo e fatto artigianalmente.
E se proprio non basta, la natura ha provvisto i maschietti di appendici innominabili da sfiorare ripetutamente.
Il gesto delle corna è universale, e pur con sfumature diverse che variano da Paese a Paese, il significato è inequivocabile.
La dottrina ne classifica di tre tipi: la formula uno (corna della mano destra levata verticalmente all’altezza del capo e accompagnate da un lieve movimento ondulatorio) notifica al destinatario mortificazioni coniugali. Sono destinate prevalentemente agli automobilisti imbranati ed agli arbitri di calcio.
La formula due (corna della mano destra protesa orizzontalmente verso l’interlocutore) significa semplicemente “A te!”. Il gesto, cioè, serve a rimandare, su chi le pronuncia, sentenze offensive e predizioni di imminenti sventure.
Infine, le corna della mano sinistra verticali verso il basso, lungo la gamba, hanno il potere di scaricare a terra il flusso malefico che eventualmente emetta una persona: sia che esso si concreti in parole di cattivo auspicio, sia che venga irradiato soltanto dallo sguardo, secondo la regola che “gli occhi possono più delle schioppettate”.
Insomma, delle corna abusano tutti, specialmente i politici, a qualsiasi latitudine: i reali d’Inghilterra; l’ex presidente americano Bush; l’emerito Ciampi; Romano Prodi, tanto per citare i più noti.
Le prime, storiche, corna politiche di casa nostra risalgono al 1975 e si devono a Giovanni Leone: in quel di Pisa, egli, a due mani, ha restituito all’indirizzo degli scalmanati contestatori le espressioni irrispettose ed i presagi che gli venivano rivolti.
Compiono il giro del mondo le corna fatte da Berlusconi, nel 2002, dietro la testa del ministro degli esteri spagnolo Piquè, durante la foto di gruppo alla fine del vertice di Caceres.
Una data storica quell’8 febbraio: alla vecchia politica astratta delle parole si è definitivamente sostituita la politica del “fare le corna”.
Inspiegabilmente, almeno in via ufficiale, e a dar retta ai paparazzi, dalle “corna” sembra refrattario il Capo dello Stato Napolitano, partenopeo verace ma dall’aplomb inglese.
Fra un babà e l’altro, nessuno lo ha mai visto in pose o gesti scaramantici: che sia il segno dei tempi?
Facciamo le corna.

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